Uno degli sport in più grande ascesa nell’ambito italiano è sicuramente il rugby. Questa disciplina ha sottratto negli ultimi anni tantissima visibilità ad altri sport di squadra secondari nel nostro paese, come la pallavolo o il basket. Il motivo da ricercare è nei forti valori che vengono espressi in questa attività, valori sia fisici che morali: grande lealtà, tempra, carisma, voglia di vincere ma sempre in maniera corretta. Per praticare questo sport c’è bisogno di grande fisicità, forza e resistenza. Tutte queste caratteristiche, unite al fatto di essere uno sport molto internazionale (i primi grandi giocatori italiani sono stati effettivamente naturalizzati, tendenza questa poi seguita da altri sport più conosciuti con alterne polemiche) hanno reso questa disciplina sempre più seguita, sia negli stadi, specialmente la nazionale, sia dal pubblico televisivo.
Personalmente non sono un amante di questo sport da un punto di vista dello spettacolo che offre: tante pause, regole che tuttora mi sfuggono (probabilmente non mi sono neanche mai troppo applicato), troppo contatto fisico (per un nativo della pallavolo questo è veramente TROPPO contatto fisico!). Tuttavia ne apprezzo enormemente la sportività, propria dello Sport con la S maiuscola, praticato da Uomini con la U maiuscola. In particolare trovo affascinante il concetto di terzo tempo: alla fine della partita, comunque sia finita, le due squadre contendenti si ritrovano a festeggiare con i propri tifosi, con cibo e bevande (tanta tanta birra) per tutti.
Trovo questo insegnamento bellissimo e applicabile all’interno di una realtà aziendale. Traggo in particolare questi due spunti:
- La cultura del festeggiamento. Celebrare i risultati deve far parte di una qualsiasi azienda, per far sentire i dipendenti uniti e forti verso un unico obiettivo comune. Molte aziende non identificano questo valore come importante e pensano che un’email o un riconoscimento, anche economico, sia sufficiente. In realtà permettere alle persone di celebrare per quanto hanno lavorato e quindi ottenuto, condividendo insieme non solo il lavoro ma anche la festa, crea un momento di forte unione e identificazione verso il brand. Fa sì che i propri dipendenti si divertano e che riconoscano quindi valore nella fatica del lavoro. In definitiva è un forte driver di employer branding interno.
- La cultura della sconfitta e del nemico vinto. Nel terzo tempo del rugby anche l’avversario è invitato al festeggiamento, perché tutto ciò che concerne la partita è finito con il fischio dell’arbitro, senza strascichi ne’ polemiche. In azienda spesso ci si ritrova a confrontarsi per far emergere le proprie idee rispetto a quelle di un collega. In palio ci sono di sovente visibilità o una promozione e quindi si fa di tutto per poter raggiungere l’obiettivo. Tuttavia solo una persona ce la può fare ed è importante per chi ha “perso” riconoscere il valore del vincitore, imparare e tornare più preparato la volta successiva. Per chi ha “vinto” è invece giusto dare valore a coloro i quali hanno duellato fino all’ultimo e per quanto possibile cercare di portare un clima sereno nell’ufficio sin dal giorno dopo cercando di valorizzare anche le persone uscite sconfitte.
E’ facile tutto questo? Credo di no, ma credo anche che ne possa valere la pena, voi che ne dite?