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Capire – discutere – scoprire – immaginare – sognare


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Ma abbiamo veramente smesso di sognare?

Grazie al mio lavoro negli ultimi mesi ho avuto la possibilità di incontrare tanti studenti universitari di diverse realtà, con i quali ho parlato di Personal Branding e più in particolare, come ovvio che sia, di come questo si faccia o si rifletta in LinkedIn.

Dal mio punto di vista per fare personal branding, non solo ho bisogno di conoscermi bene per potermi proporre nel modo migliore, ma devo aver anche chiari i miei obiettivi, personali e non.

Da qui partono i miei ragionamenti con gli studenti (diverse centinaia incontrati ad oggi, direi un campione che comincia ad essere significativo, o almeno, per i sondaggi sulle intenzioni di voto alle prossime elezioni lo sarebbe) ed in generale inizio la mia presentazione con un video, questo:

Per me avere degli obiettivi nella vita è strettamente connesso all’avere dei sogni, delle ambizioni. Ciò non significa essere dei disillusi, essere distaccati dalla realtà, semplicemente è credere di poter cambiare le cose, avere sempre un punto di riferimento anche quando non sappiamo dove stiamo andando. Una sorta di stella polare.

Nella mia vita ho sempre avuto forti stimoli contrastanti tra di loro, come penso tutti quanti. C’è chi ti dice che farai grandi cose e che realizzerai tutti i tuoi sogni, c’è invece chi ti dice di volare basso e di accontentarsi. Probabilmente, come spesso succede, la verità sta nel mezzo, ma io credo di averla razionalizzata diversamente e sulla mia tesi dell’università ho lasciato come ringraziamento: “dedicato a tutti quelli che hanno creduto in me, perché da loro ho tratto la forza di sognare. Dedicato a tutti quelli che non hanno creduto in me, perché da loro ho tratto la forza di migliorarmi”.

Quello che ho invece notato nell’attuale generazione è un’enorme rassegnazione, scoramento. Come se quelli che di solito ti dicono “ce la puoi fare” fossero tutti in letargo, oppure come se quelli che ti dicono “lascia perdere” si fossero raddoppiati. O se più semplicemente i primi fossero tutti diventati come i secondi? Se anche chi ti diceva sempre “farai grandi cose” adesso ci stesse dicendo di “fare quelle piccole che è già tanto”?

Credo che ci stiano togliendo la speranza e i sogni. Per questo ammiriamo (invidiamo?) tantissimo gente che ce la fa grazie a un reality show, lasciamo tutte le nostre speranze nelle mani di un nuovo primo ministro che è giovane e che quindi ci può salvare. Abbiamo come idoli imprenditori, perché sono sempre più rari e ci sembrano sempre più coraggiosi. Ci stupiamo se un amico ci dice che ha un lavoro che gli piace, ci sembra assurdo.

E se questo, al limite, posso aspettarmelo da persone che è già da anni (tanti) che lavorano, rimango totalmente confuso quando vedo reazioni contrastanti da parte di studenti universitari: come è possibile che non abbiano più i loro sogni, chi glieli ha sottratti?

Non voglio entrare in discorsi troppo filosofici che poi diventerebbero politici ed economici, magari davanti a qualche buona birra se ne può anche parlare. Il mio messaggio è invece: ma se la vera innovazione da qui ai prossimi 2 anni fosse riappropriarsi dei nostri sogni? Tornare a credere che tutto sia possibile e che siamo tutti destinati a grandi cose? Questo sempre consci che solo in pochi al mondo realizzano i loro sogni, ma che tutti abbiamo il diritto di averli, di crederci e magari fermarci a metà del percoso per raggiungerli, ma almeno ne sarà valsa la pena, no?

Ma il primo pensiero che ho è verso le ragazze e i ragazzi che stanno per entrare nel mercato del lavoro, di tutte le età: il futuro è nostro (e vostro), dobbiamo avere la forza e il coraggio di credere che possa essere migliore e che noi possiamo contribuire a renderlo tale. Mi impegnerò a condividere di più, ad incontrare più studenti, a parlare con loro, trasmettere queste mie idee. Noi non eriditiamo il mondo dai nostri padri, ma lo prendiamo in prestito dai nostri figli.